LA PROVINCIA DI RAGUSA

 

 

I CARATTERI COSTITUTIVI E LE EMERGENZE PIU’

SIGNIFICATIVE

 

 

La provincia di Ragusa colpisce per le sue connotazioni di antichità e pecularietà dei luoghi. E si rimane stupiti che dodici Comuni che ne costituiscono il territorio e che fino ad allora formavano il circondiario di Modica in provincia di Siracusa appaiono tutti legati, con alterne vicende di scorpori e riannessioni, alla storia della prestigiosa contea di Modica dei Chiaramonti e dei Cabrera che dal XIV secolo fu Stato nello Stato per le ampie autonomie. Fortissima in essa l’unità culturale, per il dialetto unico in Sicilia e per la presenza di una piccola nobiltà e di una borghesia rurale diffusa di piccoli proprietari e fittavoli, i quali hanno trasformato l’altopiano ibleo insediandovi aziende allevatrici cerialicole: le “masserie”,disegnandolo con una fitta ragnatela di muretti a secco costruiti per delimitare le concessioni enfiteutiche e per consentire la rotazione agraria e il pascolo semibrado di una razza bovina particolarmente rustica e versatile: la “Modicana”.

Fu davvero un’idea felice quella del Conte Cabrera a metà delQuattrocento di assegnare in enfiteusi ai sudditi le terre dell’altopiano affinchè le dissodassero, dietro il pagamento di un modico canone in frumento ( censo ), e così reperire le dodicimila salme di grano che aveva il privilegio di esportare in franchigia.

Da qui l’esplosione demografica della Contea, con la forte crescita urbana di Ragusa e Modica e la successiva colonizzazzione della pianura di Bosco Piano e la fondazione di Vittoria da parte dell’ultima erede dei Cabrera, Vittoria Colonna.

Di questo periodo di grande sviluppo ci restano testimonianze architettoniche tardogotiche e in particolare splendidi portali a Scicli nel convento della Croce, a Modica nella chiesa di Santa Maria del Gesù, e a Ragusa nel portale del San Giorgio vecchio e inoltre un’intera navata della Chiesa di Santa Maria delle Scale e due interessantissime cappelle, che trovano riscontro nella Sicilia occidentale, in particolare nel Trapanese: la cappella Cabrera in Santa Maria di Betlem a Modica e la cappella Naselli in San Francesco all’Immacolata a Comiso; in esse il linguaggio tardo gotico venato di forte sopravvivenze arabo normanne si fonde con elementi rinascimentali in uno stile peculiarmente siciliano.

Le caratteristiche della provincia sono quindi determinate dalla Contea e dall’altipiano ibleo, “ la piana “ come qui viene chiamato.

Si tratta di un tavolato calcareo triangolare, che ha il vertice a Nord in direzione delle pendici del Monte Lauro, e la base a Sud in direzione del Mediterraneo. Essa è costituita da due stratificazioni calcaree, la “Piana di Modica” e la “Piana di Ragusa”, divise dal profondo solco del fiume Irminio, che la percorre da Nord a Sud.

L’innalzamento calcareo della “Piana di Ragusa” con la dislocazione di oltre 500 metri ha determinato l’alto gradino morfologico che divide nettamente la pianura di Comiso e Vittoria dall’altopiano. Si tratta di una pianura alluvionale, ricca di falde freatiche, adatta alle colture arboree ed irrigue, come l’altopiano è adatto alle erbacee, compresa fra i fiumi Ippari e Dirillo. Tutto il territorio di appena 160.000 ettari confina a Nord con la provincia di Catania, a Est con la provincia di Siracusa, a Ovest con quella di Caltanissetta. Oltre alla pianura di Vittoria, si possono distinguere la zona montana con i comuni di Giarratana e Monterosso Almo e una parte di Chiaramonte Gulfi e quella propriamente collinare costituita dall’altopiano e comprendente i comuni di Ragusa, Modica, Ispica e in parte Scicli.

In quest’ultime il tavolato calcareo appare unitariamente interessato dall’erosione valliva. Si tratta di profondi solchi chiamati “cave” che incidono il suolo ibleo dando luogo a particolari forme di vita imperniate sull’insediamento rupestre. I Siculi ne furono gli iniziatori parecchi secoli prima della colonializzazione greca.

Cava d’Ispica con il suo sorprendente insediamento rupestre lungo Km 15 e durato fino al sisma del 1693, ci dice come civiltà della cava e sistema feudale si fusero durante il Medio Evo.

Il terremoto del 1693 sconvolse dalle fondamenta questo mondo,ma mentre Ispica, una parte di Ragusa e Giarratana cercarono una migliore posizione rispetto al territorio e alle vie di comunicazione,Modica e gli altri centri della Contea furono ricostruiti nell’antico sito. Ciò non produsse tanto una differenziazione di ordine urbanistico, quanto si rivelerà alla lunga determinante per le prospettive del futuro sviluppo.

Urbanisticamente, infatti, il terremoto non produsse una nuova concezione dello spazio, ma permise, con la ricostruzione, di dispiegare in tutta la sua potenzialità, la volontà di monumentalità e di rappresentatività che la visione barocca aveva cercato di affermare nel corso del Seicento contro i condizionamenti delle precedenti preesistenze creando spesso, secondo la felice intuizione di Vittorini, suggestive “Acropoli Barocche” dominate ora non più dai vecchi castelli, ma dalla mole grandiosa delle nuove matrici.

Così è a Scicli con la chiesa di San Matteo, così a Modica e a Ragusa con le due chiese di San Giorgio.

Tutte e tre unite dal singolare destino di rappresentare l’ultimo canto del cigno della parte perdente nelle lotte, fra fazioni in parte religiose, in parte sociali e politiche che divisero le tre città con conseguenze notevoli sulla ricostruzione.

A Scicli la ricostruita Matrice di San Matteo verrà addirittura abbandonata insieme agli insediamenti rupestri del colle e il paese subirà un leggero scivolamento a valle seguendo la posizione della nuova Matrice di Sant’Ignazio.

A Modica le nuove direttrici di espansione che privilegiano il fondovalle saranno seguite dalla nuova nobiltà aggregata attorno alla rivale parrocchia di San Pietro.

A Ragusa, infine, la più antica nobiltà dei Sangiorgiari, decidendo di ricostruire la città nell’antico sito, entrerà in contrasto violento con i “massari” Sangiovannari i quali, guidati da capi sagaci, esponenti delle nuove nobiltà sortite dalla borghesia gli enfiteuti, costruirà sulla vicina “Spianata del Patro” la nuova città a pianta ortogonale attorno alla chiesa di San Giovanni Battista. Quest’ultima opera di capi mastri locali fra i quali si segnala particolarmente la famiglia dei Cultraro, il cui capostipite Carmelo appare presente con diversi ruoli nel cantiere, ed è comprensibile che i più colti e raffinati Sangiorgiari ad essi contrapponessero Rosario Gagliardi, prestigioso architetto del Val di Noto, che progettò a Ragusa nel 1744 il suo capolavoro, sopratutto per l’armoniosa soluzione della facciata-torre, prototipo di tante altre chiese della zona, di cui la facciata di San Giorgio di Modica, costruita a partire dal 1761,rappresenta l’esito più monumentale e scenografico.Ma mentre con l’attaccamento della cava, Modica si precluse la prospettiva di un migliore sviluppo, la scelta di una parte della popolazione di Ragusa, di fondare una nuova città, si rivelerà particolarmente felice, la scelta di un nuovo più produttivo rapporto col territorio per la maggiore facilità di collegamenti e una maggiore vicinanza alle risorse minerarie che verranno successivamente scoperte: l’asfalto nel 1849 e il petrolio nel 1953.

Ragusa ha quindi vissuto l’esperienza di entrambe le scelte: quella di continuare i modi di vita della civiltà della cava e quella di correre l’avventura della conquista di nuovi rapporti col territorio della “piana”.

Infine negli ultimi decenni tutta la zona costiera ha visto la

formazione di una agricoltura specializzata di straordinaria importanza, quella dei primaticci in serra, di cui Vittoria è diventata il massimo centro di produzione nazionale.